Il 15 febbraio anche TNI Ristoratori Italia in piazza a Roma a sostegno degli agricoltori

Firenze, 7 febbraio 2024 – «Il quarto anno di attività per TNI Ristoratori Italia si apre con un’azione importante che richiama le nostre origini di piazza, ovvero l’adesione alla manifestazione del 15 febbraio a Roma a sostegno degli agricoltori, che in Italia e in Europa a gran voce gridano il proprio dissenso verso le politiche comunitarie pro multinazionali», è quanto annuncia Nicol Grossi, presidente provinciale Mantova di TNI Ristoratori Italia. Il ritrovo è alle 12 al Campidoglio. Prevista la partecipazione di ristoratori toscani, soprattutto delle province di Arezzo, Firenze, Siena, lombardi e romani.

«Condividiamo le ragioni di una protesta giusta, che, toccando il settore agricolo, interessa l’intera comunità civile e produttiva del nostro Paese. Nel valore della terra affondano le origini di un popolo, non solo perché ne trae sussistenza, ma anche perché essa è depositaria della cultura secolare enogastronomica e del bagaglio di tradizioni che la contraddistinguono e che ne preservano le peculiarità, contro le tendenze omologatrici e insane a cui il potere economico-finanziario vuolegli individui assoggettati», prosegue la coordinatrice dell’associazione sindacale delle imprese Horeca. «Per il 2024 – sottolinea Cristina Tagliamento, segretaria generale di TNI Ristoratori italia – ci siamo posti tre obiettivi da perseguire che si inseriscono perfettamente nel quadro della macro-protesta contro la politica di favoreggiamento delle multinazionali, che speculano sui diritti dei lavoratori e sulla salute pubblica».

In dettaglio TNI Ristoratori Italia chiede:

1. Abolizione della legge Bersani per il settore Horeca
La liberalizzazione incontrollata delle licenze ha causato:

a) la proliferazione di attività allogene con il conseguente ingresso di prodotti alimentari esteri, la cui produzione non sottende alle stesse normative italiane né in materia agro-sanitaria, né in materia di lavoro,

b) il crollo della professionalità direttamente connesso alla crescita di esercizi pubblici luogo di frequentazioni delinquenziali (problema sicurezza),

c) la svalutazione della materia prima italiana e delle competenze cultural-culinarie,

d) la scarsa trasparenza sull’effettiva gestione fiscale di alcune partite iva. Ci è d’esempio, in tal senso, la linea tenuta da alcune amministrazioni comunali nell’area dei centri storici, che limita le aperture di nuove attività e che riteniamo debba essere adottata uniformemente non solo all’interno dell’intera pertinenza comunale, ma omogeneamente in tutto il territorio nazionale.

2. Taglio commissioni Pos
Essendo un servizio che noi dobbiamo mettere a disposizione del cliente, e dovendo già sostenere il costo del noleggio del pos, le commissioni non possono essere appannaggio esclusivo dell’esercente, ma vanno equamente ripartite tra commerciante e cliente; adottando una lettura più generalista, l’onere delle commissioni si delinea come l’ennesimo regalo alle lobbies bancarie che sono state “sorprendentemente” esonerate dalla tassazione sugli extraprofitti.

3. Sgravio contributivo
A fronte di promesse elettorali mai mantenute nelle varie legislature, è vitale e non più rinviabile agire su questo aspetto. Come? Attraverso la traslazione di una quota contributiva dal cassetto fiscale delle piccole-medie imprese alle casse statali. In sostanza esigiamo un alleggerimento della pressione contributiva, alla quale farà fronte lo Stato mediante il contenimento degli sprechi e delle spese inutili -da non confondersi con la riduzione degli interventi per il mantenimento dei servizi essenziali per il cittadino- o mediante il prelievo fiscale sulle multinazionali, ad oggi pressoché esenti da tale onere, nonostante la vana proposta di tassazione al 15%. Meglio sarebbe attuare entrambe le strategie economiche a favore di una ventata di ossigeno per aziende e lavoratori. Il risultato a cui dobbiamo guardare è l’aumento del netto nelle buste paga. La quota contributiva che le imprese demandano allo Stato si converte in buste paga più alte e, conseguentemente, in una ripartenza del mercato. In sostanza la crisi economica, che dal 2020 ha visto una brusca accelerazione, sta giungendo al culmine e non dispenserà nessuna categoria di lavoratori, siano essi autonomi o dipendenti. Oltre alla riconquista della dignità, della gratificazione economica e del valore morale del lavoro, noi vogliamo lottare anche a difesa del nostro “Fatto in Italia” , per non ritenerci complici della svendita del nostro Paese allo strapotere delle multinazionali.